Le nostre infrastrutture

Le “infrastrutture”. Tutto quel complesso di strade, autostrade, porti, ferrovie, ponti, aeroporti che costituiscono lo scheletro strutturale di un Paese e ne costituiscono la base per lo sviluppo sociale ed economico.

Senza le infrastrutture non c’è futuro. Ne abbiamo avuto una terribile riprova con il terremoto che ha evidenziato, oltre ogni ragionevole dubbio, questo pesante limite alla crescita sociale ed economica delle Marche e più recentemente con il tragico crollo del ponte Morandi a Genova che segue ad altri crolli su un sistema stradale fermo agli anni Ottanta.

Il 1980 è l’anno spartiacque per il sistema Paese. Avevamo (fonte Eurostat) 5.900 kilometri di autostrade, oggi sono 6.844. Un incremento del 16%.

In Germania, nello stesso periodo di tempo, l’incremento è stato del 71,8%, in Spagna del 682,6%, in Francia del 118,6%, in Portogallo, che nel 1980 aveva solo 132 kilometri di autostrade, l’incremento è stato addirittura del 2222,0%!!!

Siamo quindi fanalino di coda in Europa. Ed è altrettanto interessante notare come al potenziamento delle infrastrutture sia seguita una crescita del PIl.

Per la Regione Marche ed il Piceno, poi, le infrastrutture sono il tallone d’Achille, l’elemento di debolezza, come si evidenzia in questa pubblicazione “Analisi delle infrastrutture presenti nella regione Marche, con particolare riferimento al territorio piceno: risorse e criticità” che ho curato insieme alla dottoressa Maria Pia Spurio.

Tabelle e prospetti riassuntivi che dimostrano come la dotazione di infrastrutture in una Regione assume un ruolo fondamentale in quanto influenza significativamente sia l’attrattività che la competitività dei territori e le stesse rappresentano un volano per lo sviluppo socio-economico locale e le variabili socio-economiche impattano a loro volta sul sistema infrastrutturale.

Eppure, in un convegno di qualche anno fa, il presidente Ceriscioli sosteneva la necessità di puntare principalmente sulle reti infrastrutturali immateriali come la banda larga e ultra larga, sulla base di un modello francese non applicabile alla realtà italiana, e marchigiana in particolare.

E le infrastrutture tradizionali, prigioniere di questa visione politica, continuano quindi ad essere terribilmente carenti. 

Ne abbiamo poche e poco collegate.

Elencare le criticità regionali è un lungo cahiers de doléances che va dalla SS16 “Adriatica” alla E-78 Fano-Grosseto, dalla viabilità del Quadrilatero Marche-Umbria alla SS76 “Vallesina”, dalla SS77 “Val di Chienti” alla SS4 “Salaria”,. E ancora il nodo viario di Ancona, le trasversali vallive, i porti, l’aeroporto “Raffaello Sanzio” e non dimentichiamo la A14 con le recenti vicende di cronaca.

Un lungo elenco che secondo noi costituisce quel ritardo infrastrutturale causa del mancato recupero di competitività del territorio e di rilancio della sua crescita.

Di queste infrastrutture le Marche reclamano da tempo la necessità e, in particolare, il Piceno, un territorio che da anni versa in una profonda crisi economica e finanziaria e che i recenti, drammatici, eventi legati al terremoto hanno accresciuto aggiungendo un progressivo spopolamento.

Secondo i dati dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne (riferiti al 2012 e considerando Ascoli Piceno e  Fermo come unica provincia) la Regione Marche ha un indice di dotazione infrastrutturale pari a 85,4, inferiore sia a livello italiano sia alle ripartizioni geografiche e nell’ambito di questo dato, già di per se negativo, Ascoli Piceno e Fermo (pur considerati un unicum territoriale) sono all’ultimo posto.

Nello studio che presentiamo, sosteniamo la necessità di concentrare gli investimenti, oltre che sul potenziamento dell’ autostrada A14 (terza corsia), su strade regionali costituite da assi vallivi ed assi intervallivi, con l’obiettivo di realizzare una completa rete viaria stradale di tipo “C”: una carreggiata e due corsie che esclude l’attraversamento dei centri urbani principali ma li collega tra di loro e con la rete nazionale, attraverso le direttrici longitudinali del Corridoio Adriatico, le trasversali vallive est-ovest ed i percorsi intervallivi interni che formano due itinerari distinti: uno medio-collinare ed uno pedemontano come la strada Pedemontana e la Mezzina.

Faccio osservare poi che tutti gli studi economici concordano nell’indicare l’influenza positiva degli investimenti in infrastrutture sul PIL, direttamente in quanto l’investimento infrastrutturale è parte integrante del prodotto interno lordo, ma anche indirettamente, in quanto il capitale pubblico può influenzare i caratteri degli altri fattori produttivi, come l’occupazione e il capitale privato.

Secondo il Fondo Monetario Internazionale un aumento permanente dell’1% degli investimenti in infrastrutture, produrrebbe un aumento del PIL, a breve, dello 0,4%.

Occorre quindi uno sforzo sinergico per la predisposizione di un piano strategico nella programmazione degli investimenti che valuti i costi-benefici dei singoli progetti, razionalizzando la spesa, evitando la sovrapposizione di competenze e riducendo, in maniera drastica, i tempi della burocrazia.

Torno quindi a sollecitare un nuovo, forte, impegno dello Stato e della Regione per la realizzazione di progetti strategici, nell’area Picena ed in particolare nelle aree colpite dal sisma.

Alle forze politiche presenti in Regione l’invito ad abbandonare lo sterile egoismo di parte e cominciare a fare il gioco di squadra. 

Un gioco dove la politica torni ad essere lettura delle necessità della comunità e non esaltazione dell’ego in salsa catodica.

 Se sapremo recuperare la volontà di operare sinergicamente dove la differenza politica può anche essere un valore aggiunto, allora saremo in grado di superare gli ostacoli e dare alle nostre genti quella concreta speranza che meritano.

Faccio mia una citazione di Luigi Einaudi: “Conoscere – diceva – per deliberare”. Una lezione ancora utile.

Ing. Piero Celani

Vice Presidente Assemblea legislativa delle Marche